Tenacia che aiuta a vivere: testo finalista “Il volo di Pegaso”

Non sarà uno scatto a frenare la mia corsa.
Questo è il racconto di una persona affetta da una malattia rara che tenacemente insegue il sogno di diventare scrittrice, alla fine aiutata da un amico ci riesce.
Mi sono ripromessa che avrei cercato un modo per dimostrare al mondo che tutti possono farcela; e dal momento che ci sei è giusto che tu debba essere visto. Questo serva da monito a non lasciarsi andare. Dietro al motore invisibile dell'indifferenza si erge l’ombra del male oscuro, che prova a toglierti il fiato e privarti di ciò che ami. Però i sogni sono inarrivabili e ben più tenaci della paura di perdere il fiato. Il sogno è il motore della vita che traina e spinge la volontà di fare, di farsi vedere anche dall’occhio meno attento.
La tenacia di continuare, di affondare parola dopo parola scartando il male nascosto in me, mi ha fatto vincere quella timidezza, dando adito al coraggio di guardare oltre e vivere la vita senza indugi o ripensamenti, cosa che in una persona insicura e timida può capitare.
Un buon presupposto di vittoria è quello di prefissarsi degli obiettivi da portare a termine, che valgano da stimolo di rinascita per chi vive all’ombra del grande albero della vita. Avevo sempre avuto timore di espormi e così temevo il giudizio della gente, vittima della mia malattia.
Finalmente l’arte letteraria smuovendo la fronda che teneva sotto un vello bruno i miei pensieri, è riuscita ad aprirli al mondo, facendoli conoscere a quanti prima di allora li avevano derisi. Non è stato soltanto rinascere, la tenacia di credere in ciò che faccio va oltre gli schemi.
La perseveranza ha dato ragione all'amico che, ponendomi la mano aveva creduto in me, dandomi coraggio e facendomi vivere la vita come una persona e non come una malata. La nobiltà di una persona non si misura dal suo forziere bensì, da quanto Amore è in grado di dare al mondo.
Seminare buoni propositi è un augurio che serve a tutti, per credere soprattutto in se stessi e valutarsi senza mai cedere al mostro invisibile. Le opinioni della gente sono distanti ora che scrivo, non più succube di quel giudizio che mi opprimeva da bambina! Così la cosa infastidisce, forse impaurisce.
Chissà, pensare che un malato possa farcela non è nei pensieri di molti che temono di esporsi a favore di questi! In compenso la consapevolezza che ci siano persone che ne apprezzano le risorse umane è di per se un grande traguardo.
Vivere all’ombra del grande albero non mi avrebbe fatta notare, ora sono uscita allo scoperto e questo spaventa, ma non deve spaventare chi vive una rarità o è parte di un mondo già malato.

Il racconto non è altro che un grido che riecheggia nella folle corsa, verso campi nomadi dove solo chi si perde nel vuoto del proprio suono alla fine si ritrova.